tu non sei in questo mondo,
ma carne e sangue
fra le rive del cuore:
Due i corpi all'unisono.
Dedicata al mio grande amore Eufemia.
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pago è l'obliato sonno
Grave la colpa.
Perduta la salvezza
in un cuore mortale.
Piangi per l'uomo,
nessuna redenzione,
anime grigie
vagano sulle strade.
Non più ali bianche in volo.
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i muscoli contratti
come le statue
che decorano i templi
dedicati al grande Zeus.
Un solo scatto
del possente avambraccio,
scossa è la lancia
oltre il rosso tramonto.
Sogno di una vittoria.
Infausto lutto
per colui che digiuna
della corona
d'olivo o di mirto o apio.
Ingloriosa la morte.
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colore del metallo,
magico il sangue
del forte cavaliere
nella mano di fuoco.
Scritto da Ivan (di 8 anni)
Revisione testo a opera di Tetractys
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al di là di nuvole
cinte di rosso:
Il cielo ora si tinge
del colore del sangue.
Il glorioso Ares
brandisce la sua lancia
così cambiando
le sembianze di un trionfo
in una gran disfatta.
Torvo il capriccio
di un olimpico nume
nell'elargire
su quei campi di guerra
l'alito della Morte.
Nessuna pietà
per colui che vien vinto,
solo il dolore
e l'obliato lamento
di una perduta amante.
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“Stanza dello Scirocco”
laddove spira
di quel vento di sud est
un alito rovente
appena lieve,
quando d’un cuore stanco
le proprie tinte
appaga e fortifica
sospirando tra conche
di tufo giallo
e quei corsi fluviali
il cui gorgheggio
svelto altresì gelido
calma focose menti.
Ristoro dona
a quelle nude membra
poco coperte
dalle umide lenzuola
ed un regio turbante.
Cosicché, di lei
la pelle profumata
egli concilia
con collana di perle
ed organze d’Oriente.
Sferza quel vento
dell’incontro notturno
ogni rea agonia,
legando ad una goccia
di sudore e per sempre,
ogni diniego;
del giogo del sultano
solo rimane
oltre la propria rabbia,
l’urlo dello Scirocco.
Zingara, è lei
più di ogni altra nomade
nell’esibire
come profferto dono
ad un semplice bimbo
il proprio ventre.
Ha inizio la sua danza
e ora si muove
in compagnia dell’acqua
e d’ogni cheta stilla
come spiriti
invocati sì appena
da quel rituale
movimento di fianchi,
morbido nel toccare
della sua pelle
gli spasmodici impulsi
con laide dita
conchiuse in un tenero
respiro d’aria calda.
Profumo d’aloe
profonde nella stanza
col polso teso
mentre l’arto dimena
al di sopra del volto
del suo Alì ibn Bakkàr
gran principe di Persia
e, sì, amante
sottomesso al sollievo
d’un amor corrisposto.
Mano procace
con lascivia, giù scorge
lo storto addome
nel rafforzato appiglio
d’un ingenuo sorriso;
Del Raqs Baladi
la sua arte incantatoria
ella discioglie
come nivea fibula
di un drappeggio di stelle;
e maculato
con due stretti arabeschi,
quel fondo schiena
orsù curvo s’atteggia
quale cupa maschera
che d’ogni sogno
misteriosa nasconde
le poche tracce
in eterno sospese
come oscurante Abisso
su quel baratro
che il cuore, accecato,
dunque riascolta
nell’eufoniche note
d’un muto riverbero.
La scimitarra
così estrae dal fodero
carezzandone
con cura il suo riflesso
mentre arida ne adesca
la lama aguzza;
ne seduce le forme
col proprio corpo
con la chiara lusinga
di quel corteggiatore
che si prepara
a cogliere dal ramo
frutti proibiti,
eclisso fra giardini
di gigli e anche di rose;
così su di essa
viene riflesso il volto
di lei, fin quando
tocca terra il suo piede
con un volteggio etereo.
Sordo il clangore
di quell’arma deposta
sul pavimento
sedotto dai pollini
d’una viva stagione,
innalzatisi
in cinereo saluto
a tale beltà,
la fine ora decreta
di quello spettacolo:
S’ode un sospiro,
tutto si fa silenzio
in quella stanza,
non aliti di vento
che spirano tiepidi,
bensì un rantolo
della bella Shams al Nahar
nel sigillare
d’una furia d’amore
ogni unico granello,
or sollevato,
calmo al giro di volta
da quella magia
che sublime si accorda
a un’empia incantatrice;
Così termina
di una tragica storia
l'ardente pausa
fra luminosi gioielli
ed estenuanti arsure.
(Adattamento metrico della Stanza dello Scirocco, presente nella fiaba poetica Shams Al Nahar e le dieci perle d'Oriente).
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Sciolte le trecce
sopra un corpo morente,
caldo quel bacio
quale ambìta corona
deposta sul suo cuore.
Stinta l'arsura
d'una grande passione;
scritto nel vento
il nome del suo amante,
cavalier senza lode.
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Grande la forza
di una donna spartana.
Vicino il lutto
del glorioso guerriero
sul campo di battaglia.
Solo lacrime
e inatteso dolore
alla notizia
dell'infausta disfatta.
Si solleva un lamento.
Cuore in tumulto,
elogiate le spoglie,
accese pire
al centro della città.
Ultimo addio di spada.
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tuo, fra struggenti armonie.
Canto d'amore.
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riposto fra acque chete,
un solo cuore
immerso in profondità
estranee a questo mondo.
Un luogo intatto
fra leggere onde smosse.
Soffia la brezza
fra capelli di rame.
Petali sparsi al vento.
Dedicato al mio grande amore Eufemia
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Colta la Morte
fra i campi di battaglia,
come lo stelo
di un profumato fiore.
Odore di disfatta.
Molti gli scudi
e i vessilli caduti
senza un'anima:
Lamenti orsù lacrime
nei cuori delle donne.
Sordi clangori
nelle menti agitate;
macchie di sangue
sulle proprie armature.
Ruggine fra i capelli.
Alta la spada
oltre brumose vette;
prescelto è l'eroe
in un feroce scontro.
Valchirie nei dintorni.
Scossa la lancia,
baciato il valoroso
su nude labbra.
Stabilito il destino
d'un gran conquistatore.
Sfilato è l'elmo
dalla testa ferita,
sul suo avambraccio
profonde cicatrici.
Rune dal gran potere.
Valhalla il grido
gloriosa la vittoria,
eterno il viaggio
dello stimato einherjar.
Riecheggia la sua fama.
Da Wikipedia
Nella mitologia norrena, Valhalla (o anche Valhöll e Walhalla) è uno dei palazzi dell'Ásgarðr e residenza dei morti gloriosamente in battaglia, gli einherjar.
Secondo la tradizione chi muore da eroe viene scortato dalle Valchirie nel Valhalla dove viene accolto da Bragi.
Il Valhalla è descritto come un'enorme sala con 540 porte, muri fatti di lance, tetto fatto di scudi e panche ricoperte di armature. Si dice che vi sia posto per chiunque venga scelto e sia più semplice trovare un posto che entrarvi.
I guerrieri del Valhalla assisteranno Odino nel Ragnarök, lo scontro finale contro i Giganti. Per prepararsi alla lotta ogni giorno combattono nelle pianure di Ásgarðr ed ogni sera le ferite si rimarginano, le membra si ricompongono ed i guerrieri ritornano nel Valhalla per banchettare con carne di cinghiale e bere idromele.
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È solo un sogno
l'immortalità d'un Dio,
appeso al filo
di tre vecchie sorelle.
Ninfa purtroppo tu sei.
Sempre ricerchi
un'anima mortale
tra grigie selve,
eterna la prigionia
di un amante imprudente.
Cenere spenta
sul quel volto divino,
appena chiusi
gl'occhi ricolmi d'acqua,
sensibile il tuo cuore.
Forte il dolore
di una spina letale,
uno scorpione
spegne ogni tua speranza.
Piange l'efebo il lutto.
Ispirata alla Ninfa dello Scorpione di Lorenzo Bartolini,
presente alla mostra del Canova.
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tra le pieghe del marmo,
sogno d'artista
l'infondere la vita
in statue inanimate.
Palpita un cuore
dentro la dura pietra,
l'idea del bello
possiede la materia
senza anima apparente.
Sogno di un uomo
colmare il grande vuoto
che si cela oltre
quel gelido sorriso:
Appena un movimento.
Ispirata alla mostra sul Canova che ho visto a Milano e su cui ho scritto un articolo, di recente. Link all'articolo.
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estasi in ogni corpo,
febbrile danza
fra i satiri e le ninfe.
Ritmiche le lusinghe.
Arditi e caldi
giochi di seduzione
in boschi più bui:
lamenti all'unisono
nelle selve di Arcadia.
Feraci volte
da un tronco a un altro ancora,
luogo segreto
celato da un incanto.
Invisibili gli Dèi.
Assente è Amore
quale unico patrono
della grande orgia.
Pan volteggia tra foglie
stinte di vino rosso.
Ninfale la gioia
s'impossessa di efebi
e di baccanti.
Su le coppe digiune!
Fine d'un dì d'ebbrezza.
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fra i suoi neri capelli,
cuore di ninfa
spumeggia sulle rive
di una costa marina.
Alla deriva
i due amanti immortali,
sponde digiune
senza il bacio delle onde.
Oltre lo sguardo, scogli.
Inquieti flutti
nelle forme di perle
appena infrante
sulle domite rocce
dell'isola di Creta.
Dolci lacrime
altrettanto impigliate
in sfuggenti alghe;
Dove corre ora il vento?
Eco in una conchiglia.
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sulla fronte maestosa,
aurei gl'allori
per il valente atleta
della corsa campestre.
Arduo lo sforzo
nel vincere la guerra
tra i molti corpi
che con te competono.
Privo di lancia tu sei.
Cinta la testa
attendendo la gloria
fra i grigi spalti
di uno stadio gremito.
Vola Nike oltre il cielo.
Imperituro
il nome di quell'eroe
quasi scolpito
nei versi di un gran poeta.
L'Oblio è solo un ricordo.
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Muscoli tesi
in un corpo provato,
muto il ruggito
lungo il campo di guerra,
prossimo sei alla morte.
Sopra gli scudi
svetta la sua alterigia,
sopra la punta
di una lancia spezzata
smorzata la sua forza.
Chiusa la bocca
in prigioni di marmo,
spento il vigore
d'un leggendario leone,
terminata è la caccia.
Placida quiete
nel piegare le zampe:
segno di resa
nello sguardo di un eroe,
conscio del proprio fato.
Folta la chioma
sopra il fluido garrese,
quale corona
infissa sulla testa
di un nobile regnante.
Giunge la fine
di intrepido guerriero,
nel dì più bello:
solo muti silenzi
sulla pietra tombale.
Dedicato a Bertel Thorvaldsen, iniseme a Canova, uno dei miei scultori preferiti
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di satiri danzanti,
lignee siringhe
suonano tutte intorno.
Risveglio delle Ninfe.
Cruda passione
tra le selve boscose.
Tace lo stagno
quelle impudiche forme
di passione ninfale.
Della sua veste
si priva una soltanto,
Eco il bel nome;
infranto il proprio cuore
nel guizzo d'uno stagno.
Del bel Narciso
ne rammenta gli amori
impossibili,
di Narciso, il nome
è così invocato.
Ella si strugge
per il forte dolore,
offerto il pianto:
ascoltato il lamento
dalla truce Nemesi.
Infausta sorte
tocca agli amori veri;
uomini o numi
posti al comune fato.
Eterno il bel ricordo.
In ricordo della mostra di Mantova "La Forza del Bello", condivisa insieme alla mia dolce Eufemia.
03/05/08
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Livrea di marmo
prossimità d'un bacio
Eros e Psiche
in eterno congiunti
da un insperato amore.
Labbra protese
in un dimentico oblio,
solo un respiro
nella condivisione
di due anime simili.
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un principe cavalca
il suo destriero,
liberi contro il vento
si agitano i capelli.
Nato sovrano
non per propria volontà,
cuore di servo
pulsa nel più profondo
di un animo gentile.
Sciolte le briglie
del proprio palafreno:
Adesso fuggi
il più lontano che puoi.
Nostalgia del passato.
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